Utensili antichi da falegnameria:
una collezione di pezzi dei secoli XVII, XVII, XIX
e dell'inizio del XX.
(Seconda Parte)
La
prima bottega è del CARRADORE o CARRAIO, proveniente da una
vecchia e nota famiglia bergamasca che ha prodotto e riparato
carri in legno per diverse generazioni. E' la famiglia Ubiali
di Mozzo. Il carro risulta essere una delle invenzioni più
antiche realizzate in legno a servizio dell'uomo per facilitare
i suoi spostamenti e il trasporto delle merci. Originariamente
piene, le ruote dei carri si trasformarono in strutture sempre
più leggere e più complesse nella realizzazione.
I
carradori nel 1706 entrarono a far parte della corporazione
dei fabbri con i quali condividevano parte dei sistemi di
lavorazione. Tra i vari attrezzi e arnesi in mostra alle pareti
o a pavimento spiccano quelli classici per la lavorazione
del legno e del ferro e, soprattutto, il primitivo bancale
per l'assemblaggio dei raggi con i mozzi e con l'assale, con
il cerchio. Un esemplare di prestigio del XVII secolo preannuncia
la presenza nel Museo anche di una vasta raccolta di carri
di foggia e provenienza diversa.
La
bottega del MAESTRO D'ASCIA o VELAIO, integralmente trasportata
da Venezia, propone una serie svariata di attrezzi noti o
sconosciuti per la realizzazione di imbarcazioni e di vele
di vario tipo, delle quali è esposto anche il modello della
struttura di uno scafo, assai esplicativo. Esposti ancora
sono i modelli in miniatura di alcuni velieri e di semplici
imbarcazioni da pesca. Proveniente da un'industria bergamasca
che produceva macchine per fornai e pastifici, la Battagion,
è esposto il laboratorio del MODELLISTA, con attrezzi e diversi
modelli in legno, che affiancava l'industria per la produzione
di prototipi in legno.
Geniale
la "combinata" in legno capace di fornire diverse prestazioni
in contemporanea: con la sega a nastro e circolare, con la
piallatrice e la foratrice, con la mola e con la toupie. Un'altra
"combinata" assai curiosa è quella della bottega del GABBIAIO,
capace di fresare e di bucare le astine di legno e di affilare
con la mola gli utensili relativi. Le gabbie in legno, di
fattura corrente quelle usate normalmente all'aperto, per
la caccia; di disegno e tecnica raffinate quelle impiegate
per i canarini, da appendere in casa, sono alle pareti rappresentate
da alcuni esemplari fantasiosi.
Alcuni
modelli di zoccoli in legno, quelli invernali con la banda
di cuoio completamente chiusa per riparare dal freddo e con
possenti chiodature per evitare scivoloni, quelli estivi,
più leggeri e con una semplice fascia di cuoio, fanno da fondale
alla bottega dello ZOCCOLAIO. Un artigiano dalle origini antichissime,
pare addirittura coincidenti con l'avvento dell'Era cristiana,
costretto ad abitare nei boschi per poter facilmente reperire
la materia prima.
Negli ultimi secoli poche erano le botteghe vere e proprie
di questo tipo, poichè quasi tutti i contadini, soprattutto
in montagna, producevano in casa, nelle lunghe sere d'inverno:
zoccoli, mestoli, manici per gli utensili, rastrelli, cucchiaioni,
ciotole e quant'altro era realizzabile in legno ad uso domestico
e agricolo. Anche qualche mobile.
Molte
abitazioni possedevano una sorta di macchina, in dialetto
bergamasco chiamata "cavra" per il profilo vagamente simile
a quello di una capra. Su questo arnese, seduto a cavalcioni,
l'operatore, dopo aver sbozzato il ceppo di legno con l'uso
di particolari asce curve ed affilate, procedeva alla realizzazione
degli oggetti in maniera più minuta, servendosi di particolari
lame a due manici, di sgorbie e di lime. Di diverse fogge
e funzioni sono le "cavre" e i tanti arnesi esposti e impiegati
anche per la realizzazione delle sedie che molto spesso venivano
realizzate nelle case oltre che dai contadini da SEGGIOLAI
che operavano a domicilio spostandosi di paese in paese.
Con le forme in legno di diversa misura, con il banchetto
tipico e lo sgabello, con i vari attrezzi appesi in bell'ordine,
fa timidamente mostra di sè anche una bottega da CALZOLAIO,
interessante in questo luogo per i diversi arnesi e le classiche
"forme" in legno per modellare le calzature.
Questo
spazio espositivo si conclude con l'attrezzatura per la lavorazione
dell'uva e e per la fabbricazione delle BOTTI e dei TINI.
Anche quello dei bottai è un mestiere che ha origini antichissime.
Praticato già dai Celti, nel 1410 suoi addetti si sono costituiti
in corporazione, con tanto di Statuto, per tutelare una attività
assai articolata e complessa. Impegnata nel realizzare un
prodotto che aveva largo impiego e uso in diversi settori
produttivi: da quello vinicolo a quello caseario, da quello
dei trasporti a quello della conservazione, della conciatura.
Custode di segreti e procedure sedimentate, acquisite e tramandate
gelosamente di padre in figlio.
Molte le pialle concave o lisce, i raschietti, le asce affilatissime,
i succhielli, le sgorbie. Le botti si realizzavano prevalentemente
con legno di castagno, di rovere o di quercia. Di notevole
pregio tre esemplari di torchio in legno per la spremitura
delle vinacce, a testimoniare anche i diversi criteri di lavorazione
in uso rispettivamente nei secoli XVII, XVIII e XIX.
L'ultimo
grande spazio è riservato alla esposizione di macchinari e
attrezzi vari per la lavorazione del legno ed agli allestimenti
di due botteghe. Due mastodontiche segatronchi, con i rispettivi
lunghi carrelli, campeggiano in tutto lo spazio espositivo,
da sega a nastro e circolare, da toupie, da pialla a spessore
da carrelli per il trasporto dei tronchi e, del secolo scorso,
una refilatrice per segheria con bancale scorrevole su rulli
in legno. La bottega dell'INTARSIATORE, fornisce uno spaccato
assai interessante delle tecniche e degli attrezzi per la
lavorazione.
Tutto il materiale esposto apparteneva a diversi artigiani
operanti nella bassa bergamasca, dove ancora oggi assai praticata
è questa attività. Con i disegni puntuali, e alcuni esemplari
di decori finiti, con i vari attrezzi per la tracciatura ed
il taglio e la tinteggiatura e l'incollaggio, sono in mostra
diversi caratteristici esemplari di trafori a pedale e a mano.
Proveniente
integralmente da Cremona, la capitale per eccellenza dei liutai,
la bottega di un maestro LIUTAIO è forse quella che più d'ogni
altra suscita curiosità e meraviglia per il fascino evocativo
che riesce a sprigionare. Per i rimandi ad un mestiere antico
che forse più d'ogni altro meglio coniuga arte e tecnica,
accattivante per quel tanto di misterioso che lo circonda,
per i segreti e le regole che lo governano, per il fascino
che la musica sprigionata dai suoi prodotti continua a suscitare,
da secoli.
È un mestiere colto che si percepisce ammirando le dime e
i modelli e i minuscoli attrezzi impiegati per le lavorazioni
di finitura; quelle delicate, compiute con pialle che sembrano
miniature, per asportare piccole, precise porzioni di legno.
Sorprendente la presenza di alcune vernici antiche, di fabbricazione
inglese, contenute in piccole custodie di vetro.
Il corredo del Museo è anche arricchito da una voluminosa
raccolta di tavole, circa 600, d'arredamento, realizzate in
gran parte ad acquerello, che costituivano l'archivio-catalogo
della famosa e antica industria "Erba" di Mariano Comense.
Testi di CESARE ROTA NODARI
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MUSEO DEL
FALEGNAME
Via Papa Giovanni, 59 24030 Almenno S. Bartolomeo (Bergamo)
tel. 035 / 549198 |
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